E’ giusto dire la verità a un malato terminale?
Dire o meno la verità ad un malato terminale è una domanda che ci si pone di continuo. Qual è l’atteggiamento migliore in questi casi?
La comunicazione della diagnosi di una brutta malattia rappresenta un vero e proprio shock per la famiglia che di colpo si trova a fare i conti con uno stravolgimento della propria quotidianità.
Insieme alla malattia e alle sue inevitabili conseguenze, sia dal punto di vista fisico che psicologico, inizia a insinuarsi il pensiero che l’altro prima o poi dovrà morire. Dal momento stesso in cui viene effettuata la diagnosi, il paziente e tutta la famiglia dovranno affrontare un processo di elaborazione chiamato lutto anticipatorio.
L’angoscia della perdita
Una delle prime preoccupazioni che spesso blocca l’intera famiglia è quella di non mostrare il proprio dolore alla persona malata. Iniziano una lunga serie di sotterfugi e comunicazioni fatte in silenzio, dove sono banditi tutti i discorsi legati alla malattia e alla morte.
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Il pensiero sottostante è che ci si debba mostrare forti nell’illusione di proteggere il malato, ma così facendo gli si nega la possibilità di esprimere tutta la sua sofferenza, i suoi dubbi, le sue paure. In realtà tacendo sulla morte ci stiamo solo mettendo al riparo dalla nostra ansia e non aiutiamo il malato a vivere con consapevolezza l’ultima fase della sua malattia.
A volte le persone interessate non vengono neanche informate della gravità della diagnosi, viene raccontata loro una versione “soft” della malattia, a maggior ragione se si tratta di bambini e ragazzi.
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E’ raro che un malato terminale non sia a conoscenza di come stiano realmente le cose: gli stessi bambini riescono a percepire quanto sta accadendo ma di fronte al velo di bugie steso da genitori e parenti, preferiscono fingere di non sapere e rinunciano a condividere le loro paure per non far preoccupare i loro genitori. Paradossalmente è il malato che finisce con il prendersi cura dei suoi cari.
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In che modo possiamo aiutare un malato terminale?
Innanzitutto la persona ha il diritto di essere informata sulla diagnosi di modo da decidere come vivere quest’ultima fase. Generalmente quando le persone vengono poste di fronte alla fine sentono l’esigenza di riparare i torti, risanare vecchi rancori, esaudire i loro desideri. Tacendo loro sulla diagnosi li priviamo di fatto di tutto questo.
Condividete con loro le vostre preoccupazioni e le vostre lacrime, di modo che anche loro possano sentirsi liberi di dar voce alle proprie emozioni. Solo parlando della morte ci si potrà avviare verso un graduale processo di accettazione e di elaborazione che, per quanto doloroso e difficoltoso, è comunque necessario.